Le origini del tabacco Nostrano del Brenta risalgono al tardo 500. Leggenda narra che un monaco benedettino di ritorno dalla conquista delle Americhe, nascose i semi di questo tabacco ne suoi effetti personali e li portò nella Valle del Brenta. Certo è, che il tabacco non è autoctono di questa valle. La sua presenza fu storicamente registrata alla fine del 500, nei campi di un monastero a Campese, dove, iniziarono le coltivazioni. Durante il secolo successivo, divenne pratica comune coltivarlo in tutta la valle, tanto che a breve si rivelò essere la più importante coltivazione di rilievo della zona. La produzione aumentò tanto da scatenare invidie tra gli altri coltivatori e attirare l’attenzione delle autorità Veneziane.
Un editto della Serenissima del 1703 vietò “la libera semina” del tabacco nel Canal del Brenta, dichiarandola “dannosa alla pubblica rendita e ai partitari della nuova condotta”.
A poco servì tale editto, la coltivazione del tabacco, proseguì ininterrottamente sino nel 1750. Venezia, decise porre fine a questo abuso, inviando un suo ispettore nei paesi del Canale con il preciso incarico di distruggere tutte le coltivazioni. Nonostante tale drastico intervento, le coltivazioni ripresero ancora più abbondanti tra il 1763 e il 1796. Alla fine, Venezia decise non ostacolarne la produzione e di trattare con gli ormai consolidati coltivatori. Tre importanti contratti vennero stipulati riguardo la coltivazione e la lavorazione del tabacco tra gli emissari della Repubblica Marinara e i rappresentanti dei Comuni di Campese – Valstagna – Oliero e Campolongo. Iniziano così prime produzioni ufficiali dei già ufficiosi e leggendari “pifferi del brenta”.
Una campagna napoleonica sconfisse e decretò la caduta della Serenissima Repubblica di Venezia, nel 1797 fu firmato da Napoleone e l’Austria, il trattato di “Campo Formio”, che siglò la pace tra Francia e Austria. Ebbe così fine la “Pax Veneta” e tutti i comuni della Valle del Brenta furono annessi all’Austria. Gli austriaci entusiasti della qualità questo pregiato tabacco ne confermarono e agevolarono la coltivazione in tutta la valle.
Qualche anno dopo, nel 1806, Napoleone estese la concessioni anche sulla riva sinistra del Canal del Brenta, garantendo il privilegio di coltivazione ai Comuni di Solagna, Carpanè, San Nazario e Cismon. Tra le molte concessioni, fu addirittura introdotta la tolleranza sul peso delle consegne ai magazzini, con un margine del 25%, probabilmente come stimolo per incrementarne la produzione. Purtroppo, nel 1870, causa l’eccessiva pressione fiscale imposta dalle leggi dei Monopoli dello Stato Italiano, lentamente ma inesorabilmente, la coltivazione del tabacco della Valle del Brenta fu abbandonata e la maggior parte della popolazione migrò in cerca di fortuna in altre terre. Sopravvissero solo delle piccole coltivazione “nascoste”, che fiorirono, grazie alla costante richiesta da parte dei consumatori ormai vezzi ed usi alla pregiata qualità di questo tabacco.
Le famiglie di coltivatori rimaste, non si persero d’animo, aumentarono nell’ombra le coltivazioni e le produzioni di sigari di contrabbando. Conoscendo alla perfezione il territorio , riuscirono abilmente a eludere i controlli del Monopolio di Stato. In tutta la valle prese piede il contrabbando di tabacco e dei suoi lavorati, che contribuì sostanzialmente alle entrate dell’economia locale. Tanto che fu istituita la Prefettura di Valstagna, per contrastarne il fenomeno. Nel 1871 fu emessa la prima sentenza ufficiale per contrabbando di sigari. Tale sentenza non scoraggiò gli abitanti della valle, che ininterrottamente continuarono a coltivare, produrre e contrabbandare i sigari persino durante la Seconda Guerra Mondiale.
Nel 1939, in cooperativa da 16 coltivatori, fu costituito il “Consorzio Tabacchicoltori Bassano del Grappa” divenuto inseguito “ Consorzio Tabacchicoltori Monte Grappa”. Lo scopo sociale fu quello di garantire assistenza per la coltivazione, lavorazione e vendita del tabacco a tutti i produttori associati. In seguito il Consorzio si espanse nei comuni limitrofi annettendo i coltivatori di Castelfranco Veneto e Noventa Vicentina. Un impegno costante del Consorzio, con alle spalle ottant’anni di attività sempre dedita al tabacco e al sigaro Nostrano del Brenta, che nonostante gli impedimenti che la storia impose, generò sempre ricchezza nella Valle, dalla fine del 500 ai giorni nostri.
Nel 2002, il Consorzio, giustamente decise di riportare l’antica arte sigaraia della sua Valle ai fasti passato, una tradizione, in realtà solo assopita e mai totalmente debellata dagli eventi della storia. Nel 2012, l’Antico Sigaro Nostrano del Brenta 1763, esordì sul mercato. Segui Il Doge, il primo sigaro italiano interamente fatto a mano con fascia e sottofascia
Le aziende associate che coltivano e conferiscono il tabacco che verrà utilizzato per la produzione dei sigari, sono tutte situate nel Veneto, nelle Provincie di Padova, Treviso, Venezia, Verona e Vicenza. Questo è il territorio tipico dove, duranti lo scorrere dei secoli, l’originale pianta habanos, divenuta Nostrano del Brenta, si adattò e sviluppò esaltandone proprietà e qualità.
Nonostante che i territori delle diverse Province possano presentare alcune proprietà, caratteristiche e peculiarità diverse, verranno comunque assorbite e assimilate dalle piante di tabacco coltivato in questo territorio, regalando lievi sfumature e diversità di gusto alle foglie impiegate per la realizzazione dei sigari.
Le diverse fasi della lavorazione agricola del tabacco Nostrano del Brenta sono rigorosamente manuali e svolte direttamente dai soci del Consorzio, in base dallo scorrere delle stagioni. Passato l’inverno, a marzo inizia la preparazione del terreno e in aprile si svolge la vangatura, eliminando le erbe infestanti, migliorando la struttura del terreno.
Coltivare il tabacco, cimarlo, raccoglierlo, asciugarlo, fermentarlo, umidificarlo, lavorarlo e prepararlo per produzione di sigari è un’opera molto complessa, specialmente se tutte le lavorazioni sono eseguite manualmente.
Infiniti controlli e verifiche seguiranno, durante tutte le fasi di lavorazioni, prima che le foglie di tabacco possano essere utilizzate per la confezione dei sigari.
L’ Antico Sigaro Nostrano del Brenta 1763, è realizzato completamente a mano dalle sigaraie della manifattura di Campese in Bassano del Grappa secondo un processo tramandato da generazioni da oltre quattro secoli di storia. Confezionato con fascia e sottofascia, precedentemente fermentate e sagomate. Partendo dalla preparazione della c.d. “pupa”, ossia, l’arrotolatura della sottofascia sul ripieno, eseguita a distanza di qualche giorno dalla fascia, la foglia esterna che completa la “vestizione” del sigaro.
Gli strumenti impiegati dalle sigaraie sono tutti manuali, necessitano di grande esperienza e manualità. Fondamentale per l’ottima costruzione del sigaro, oltre alle qualità dei tabacchi impiegati, è la capacità della sigaraia di arrotolare la giusta quantità di tabacco per evitare tiraggi eccessivi o eccessivamente serrati.
La “manciata” è la giusta quantità di ripieno racchiusa dalla sottofascia, determinata oggi come 400 anni fa, dalla sensibilità della sigaraia che costruisce il sigaro, questa specifica attività può essere considerata un’arte. I segreti si imparano dopo lunghissimi periodi di apprendimento e pratica. Tutto il tabacco impiegato nella manifattura per essere maneggiato viene riportato ad un grado di umidità molto elevato, per consentirne un’ottima elasticità.
La costruzione del sigaro inizia con la preparazione della sottofascia, una foglia avente caratteristiche molto simili alla fascia, che le sigaraie sagomano in modo definitivo con l’aiuto di apposite lame a mezza luna. Il ripieno viene avvolto con l’aiuto di un tappetino flessibile, che permette di formare il cilindro, senza che i pezzi di tabacco si sparpaglino. L’operazione è delicata, il tabacco deve essere distribuito in modo da non formare vuoti o, al contrario, zone eccessivamente piene che se asciugate, renderebbero il sigaro impossibile da “tirare”.
Arrotolata la pupa viene lasciata riposare in piccoli telai di legno, lasciata ad asciugare per rendere possibile la fase successiva di arrotolatura della fascia.
A differenza dei sigari caraibici, la tradizione manifatturiera italiana, non prevede l’uso di presse e formelle per conferire al sigaro forma perfettamente cilindrica. Contrariamente, la pupa riposa, senza alcuna costrizione di spazio o forma, influenzando la successiva fase di arrotolamento della fascia delineando la forma finale del sigaro.
In questa terza fase, vengono utilizzate fasce precedentemente selezionate e sagomate.
La sigaraia stende un sottile strato di colla vegetale (naturale, incolore e totalmente insapore), procede poi all’arrotolamento definitivo della pupa esercitando una pressione leggera e costante durante tutta la torsione. Grazie alla morbidezza mantenuta dalla pupa il sigaro assume la caratteristica forma bitronco conica, tipica di tutti i sigari realizzati in Italia senza ausilio di presse e stampi. Il sigaro ora definitivamente racchiuso da fascia e sottofascia viene “spuntato” alle estremità per mezzo di particolari ghigliottine che eliminano le sporgenze finali pareggiando fasce e ripieno. Esaurita questa lavorazione il sigaro è finito. Ora dovrà maturare per raggiungere un grado di umidità normale di fumata. Per questo motivo, dopo la spuntatura, il sigaro viene collocato in telai traforati che, opportunatamente individuati con il numero di lotto, data di produzione e tipologia di ripieno utilizzato, saranno riposti in speciali celle di asciugatura e maturazione. Seguiranno numerosi controlli di qualità relativi a peso, lunghezza, spessore, consistenza, confezione, integrità della fascia e serraggio del ripieno.
Superati questi controlli i sigari vengono messi a riposare sui rispettivi telai in una specifica cella di asciugatura dove, grazie a temperature elevate a umidità controllata, perderanno l’eccesso di umidità accumulato per la confezione.
Verranno poi trasferiti in una seconda cella di maturazione, nella quale la temperatura e l’umidità sono mantenute a condizioni più prossime a quelle ambientali. In questa fase i sigari maturano ulteriormente ed il tabacco utilizzato subisce un’ulteriore, ennesima, micro fermentazione. Sono proprio questi continui passaggi tra umidificazione – riscaldamento ed asciugatura – raffreddamento imposti al tabacco Nostrano del Brenta, durante tutte le diverse fasi di lavorazione, a conferire ai sigari la maggior parte gran parte dei loro caratteri tipici.
Successivamente, i sigari usciti da questa seconda cella verranno stivati in una terza, detta di mantenimento, nella quale riposeranno fino al momento del loro definitivo confezionamento. L’ultimo passaggio prevede i controlli dei tecnici del Consorzio, al fine di verificarne colore, aspetto e grado di maturazione finale. Verranno ulteriormente suddivisi per colore e aspetto esteriore, prima di essere disposti nei rispettivi astucci nelle scatole Antico Sigaro Nostrano del Brenta 1763.
Il confezionamento è l’ultimo passaggio subito dai sigari prima di essere immessi sul mercato.
Anche questa fase di lavorazione è svolta manualmente dalle sigaraie della manifattura che eseguono, contestualmente, un ultimo controllo di qualità del colore e l’integrità dei sigari maneggiati. Solo i sigari che superano quest’ultimo test sono pronti per essere immessi in commercio ed assaporati da tutti gli appassionati.
Avere in Italia una zona adatta per coltivare un pregiato tabacco di origine sudamericana, riuscire a produrre e confezionare sigari di alta qualità, riuscendo addirittura a perfezionare alcune lavorazioni tipiche delle grandi, rinomate e famose case manifatturiere sudamericane non è cosa da poco. Artefice e promotore di questo progetto di successo è il cinquantasette, direttore commerciale Massimo Zerbo.
Nato a Thiene ((VI), tecnico commerciale, socio fondatore e direttore commerciale della società “Ellisse Snc”, specializzata nella ricerca di finanza pubblica e privata a favore delle aziende Entrò in azienda a progetto idealizzato, ma ancora da realizzare.
Subito si focalizza alla ricerca di un valido partner commerciale. In questo settore la parte difficile, specialmente in Italia, non è produrre o confezionare i sigari, bensi venderli.
Conseguentemente nel 2011 stringe rapporti commerciali con la Manifattura Sigaro Toscano, grazie al loto continuo e contributivo supporto, alla fine del 2012, riuscì a presentare e distribuire nelle tabaccherie “Il Doge” il primo Antico Sigaro Nostrano del Brenta.
In seguito si concentra nella promozione tra i consumatori del prodotto girando ininterrottamente per tutta Italia, presenziando in tutte le serate degli eventi promozionali, organizzate dai diversi “cigar club” nazionali.
Oggi, dopo essere riuscito a completare la distribuzione su tutto il territorio nazionale, Massimo Zerbo, mira al mercato estero, in particolare in Svizzera, Germania e Inghilterra, dove iniziò con piccole quantità, consolidando una presenza stabile in leggera crescita.
Dopo qualche anno le referenze dell’Antico Sigaro Nostrano del Brenta, aumentarono, favorendo conseguentemente le richieste.
Oggi, edizioni speciali a parte, continuativamente sono presenti 9 varietà di sigari diversi.
Riportare in auge uno storico pregiato sigaro del passato, nel contesto economico non favorevole degli ultimi anni, non è cosa poco. Com’è nata questa avventura?
L’avventura è nata sulla scorta di normative europee che stravolsero il mondo dei contributi alle aziende agricole, estese in particolare modo al mondo del tabacco.
Ecco che i soci della Cooperativa, decisero di rilanciare la coltivazione del tabacco storico della valle del Brenta, appunto il Nostrano del Brenta. Tabacco scuro di origine sud americana idoneo alla produzione di sigari.
La tua, è stata un’impresa mossa dal business o dalla passione per il questo sigaro?
Quando fui chiamato dall’allora direttore del Consorzio, il mio ruolo era legato al mio lavoro di quel
tempo, ovvero, ricercare finanziamenti per poter avviare la produzione del sigaro. Successivamente subentrò la passione che mi fece attuare una scelta di campo netta e decisa. Oggi, eccomi qui, nelle vesti di direttore commerciale.
I sigari sudamericani, sono notoriamente e globalmente riconosciuti come i migliori e i più pregiati del mondo, l’origine in comune del tabacco è sufficiente per entrare in competizione con i grandi nomi delle case manifatturiere del Sud America?
In competizione no, fosse solo per il fatto che nell’immaginario collettivo, il sigaro è sud americano, meglio sarebbe definirlo cubano, che è frutto di molti anni di storia dei sigari.
Nonostante posso tranquillamente affermare che, chi si avvicina al nostro sigaro, trova un prodotto con un ottimo rapporto qualità – prezzo, non elevato e concorrenziale. Il consumatore rimane felicemente stupito e molto soddisfatto.
Produrre e confezionare un sigaro a mano comporta un notevole impiego di tempo e necessita di una quantità adeguata di manodopera esperta e specializzata. Rispetto alle concorrenti produzioni sudamericane, dove il costo del lavoro è notevolmente inferiore, come riuscite a contenere i costi di produzione e a calmierare i prezzi al pubblico?
I nostri sigari mediamente costano molto meno nelle tabaccherie di quelli delle produzioni sud americane più blasonate, di conseguenza abbiamo la possibilità di collocarci sul mercato con un prezzo finale inferiore, ma con le giuste soddisfazioni.
Quali sono le sostanziali differenze tra il nostro più famoso e consumato Sigaro Toscano e l’Antico Sigaro Nostrano del Brenta?
Hai presente la differenza che passa tra uno speck e un prosciutto crudo? Entrambi salumi che derivano dallo stesso animale, ma differenti. Il primo è affumicato il secondo è asciugato all’aria, trasferisci questo semplice concetto nei sigari, e troverai la differenza più sostanziale.
Il sigaro Toscano è prodotto con tabacco “Kent” curato a fuoco, con la tecnica denominata “fire cured”. Il Nostrano è curato ad aria ovvero con la tecnica denominata “air cured”, di conseguenza il nostrano è meno spigoloso e più morbido
Ho avuto il piacere di presenziare alla tua interessante Master Class, in occasione dell’evento enogastronomico Extraordinary Food & Wine, lo scorso gennaio a Venezia. Prima di allora, nonostante sia coinvolto in questo settore, non conoscevo questo prodotto. Eventi Food & Wine, Cognac & Distillati a parte, quali sono le strategie opportune per farlo conoscere al grande pubblico e conseguentemente al consumatore finale?
Porta a porta, partecipare a molte serate, master class, in modo da coinvolgere direttamente il consumatore finale.
Progetti futuri?
A breve, dovremo consolidare la nostra presenza sul mercato italiano, sia in termini di numero di tabaccherie servite che nella quantità di pezzi venduti. Nel medio e lungo periodo, vorremmo aggredire il mercato estero. Consapevoli che potrebbe essere una “Missione Impossibile”, date le nostre piccole dimensioni aziendali, nonostante questo, non abbiamo timore alcuno. La storia di questo tabacco è fatta di duro lavoro e tanti sacrifici, se siamo arrivati sin qui, possiamo arrivare dovunque.
Articolo di Maurizio Pelli, editore
Fotografia Antico Sigaro Nostrano del Brenta