Da frontman a mattatore. Da frontman della cucina televisiva a mattatore del servizio in sala. Ivano Ricchebono, calato nel ruolo come fosse un concierge a disposizione dei clienti nel ristorante The Cook al Cavo, in centro a Genova. Ac-coglienza e consulenza, custodia del sapere e capacità di relazionarsi con l’ospite in maniera garbata ma ferma, colta e consapevole, forzatamente informato di ogni cosa sia avvenuto in cucina e cosa ti arriverà nel piatto. Una somma di ga-ranzie che solo l’esperienza ti può consegnare, pronta per essere divulgata sotto un sorriso disarmante Gli anni passano e l’inseguimento continua. Più di otto anni fa già stellato con il primo The Cook a Nervi, poi le due esperienze alberghiere al Poggio Hotel e al Grand Hotel, entrambi ad Arenzano, ed poi sceso in centro a Genova in un cadre d’eccezione.
Un vicoletto pedonale contorto e a tratti ripido. Un ingresso defilato di fronte ad un dehors da cui guardare le stelle dalla prossima estate. Nessuno, passando di qui nota per ora il fresco dehors, perché è talmente abbagliante l’interno del The Cook al Cavo che l’occhio rimane subito rapito da quanto le vetrate consentono di vedere, dall’alto o dal basso, salendo oscendendo il Vico Falamonica.
Fuori contesto e quindi ancor più sorprendente perché ti coglie all’improvviso. L’illuminazione a lampioncino consente di evidenziare la disposizione e l’apparecchiatura dei tavoli, di alta classe e incorniciata da pareti e soffitto affrescati da Bernardo Strozzi nel ‘600, all’interno del Palazzo Branca Doria, a due passi due dalla centralissima Piazza De Ferrari.
Ci devi venire a piedi e farti cogliere dallo sconcerto, emozione che prende molti turisti di passaggio che prima si bloccano, poi si riprendono, si avvicinano e i più coraggiosi bussano, immaginando un momento di lusso che vorrebbero si trasformasse in qualche cosa di più informale nella proposta. Chi pensa ad una sala da tè del ‘700, chi spera in uno sfarzoso bar caffè da vivere al tavolo, chi, ancora, lo vorrebbe come un bistrot parigino.
No, qui di compromessi se ne fanno pochi mettendo in scena una cucina d’autore dai profondi significati gastronomici, come Ivano non aveva mai tentato di fare nelle precedenti collocazioni, ma oggi che ha dei soci-collaboratori di questa qualità può finalmente alzare il tiro e rischiare di far saltare il banco, con la consapevolezza di un uomo che piano piano si avvicina ai 50 anni, l’età della maturità certa, perché se la maturità non la trovi tra i 40 e i 50 non la troverai mai più. Avrai perso solo del tempo nella vita. Più che coraggio consapevolezza, nessuna follia, spingendo il piede fino in fondo, progressivamente.
È la differenza che provi a gestirti da solo piuttosto che farti gestire da chi ti paga uno stipendio.
Come si dice in Francia: “Vaut mieux un petit chez-soi qu-un grand chez-les-autres“. Così adesso fai come vuoi caro Ivano, e come sanno fare i preziosi collaboratori, Pochi compromessi, fatto salvo il pranzo lungo i feriali; per il resto tre menù degustazione descritti risparmiando l’inchiostro e anche le parole, lasciando un poco di aura, di alone di segretezza, che poi si svelerà al momento della verifica visiva e gustativa, seguendo un percorso che di banale ha poco o nulla e dove si cercano – e molto spesso si trovano – soluzioni gustative impreviste, a momenti spiazzanti ma non indecifrabili.
Qualche piatto? Definizioni semplici, presentazioni altrettanto minimali, che però nascondono molto lavoro. Si chiamano frisceau di baccalà, pesto, carbonara sul mare, acciuga su tela (the dish of the day), il crudo nel mare, latte. Ma non tanto per mettere appetito o con la pretesa di spiegare al tuo palato che cosa proverà, talmente è soggettivo il gusto e quanto è variabile l’operato in cucina; quanto per comunicare un’intenzione di alta cucina alternativa, che se è vero che pesca più sul territorio che in mare ti fa più pensare che masticare. Genova si guarda dal mare, per vedere la terra, dove esiste, ben nascosto, un ristorante che propone una cucina di livello molto alto, più di terra che di mare.
Articolo di Roberto Mostini
fotografia di Paolo Picciotto