Chef Riccardo Farnese, Varesino, classe 1988, cresce nelle cucine delle nonne, dove, già precocemente scoprì la sua passione per la cucina. Da loro scoprì ogni segreto, scavò nelle origini delle loro cucine regionali, una veneta l’altra abruzzese, assaporando e rispettando la tradizione della cucina italiana.
Frequentò l’Istituto Alberghiero del “Collegio De Filippi” di Arona, offrendosi durante le vacanze, come stagista nei più noti e ambiziosi ristoranti, prima Hotel “Villa Crespi” a Orta San Giulio, poi “Da Vittorio” a Brusaporto.
Dopo la maturità, frequentò diversi corsi al “Etoile Academy Campus” di Tuscania, dove approfondì due delle sue grandi passioni; la pasticceria e la panificazione.
Chef Riccardo, ambisce ad apprendere il più possibile, inizierà subito una serie di importanti esperienze, come lavorare la materia prima più semplice, quella della terra. Si trasferisce a San Cassiano in Alta Badia, entrerà nelle cucine del ristorante “St. Hubertus” tre stelle Michelin con Chef Norbert Niederkofler dell’Hotel “Rosa Alpina” e in seguito al ristorante “La Siriola”, due stelle Michelin con Chef Matteo Metullio all’Hotel “Ciasa Salares”.
Dalla montagna scende al mare, Chef Riccardo approda in Liguria, al “Hotel Ristorante Claudio” a Bergeggi, di patron Claudio Pasquarelli, una stella Michelin, dove Riccardo impara a conosce, cucinare e amare il pesce.
Dal pesce alla carne, collabora per un anno con un macellaio, per apprendere e capire i diversi tipi e tagli delle carni.
Seguiranno cinque anni come chef al Hotel Relais Chateaux & Golf Resort La Meridiana” a Garlenda, dove impara a gestire ordini, il personale e a condurre una cucina nella sua completezza.
Durante l’ultimo anno, conosce la sommelier Chiara Viola, oggi sua moglie.
Decisero così di unire “cucina & vini” e di condividere tutte le loro esperienze per costruire qualcosa insieme, che rispecchiasse l’idea e la visione della ristorazione di entrambi.
Alla ricerca della location più adatta, immersi nel verde degli ulivi, giunsero al piccolo borgo medioevale Lingueglietta – Imperia, uno tra i più belli d’Italia. Saliti alla piazzetta affacciata al mare, che gode uno dei più spettacolari panorami della riviera di ponente, ne rimasero incantati.
Da quattro anni, aprirono “Da u Titti”, un piccolo e curato ristorante con una magnifica terrazza vista mare, che gestiscono insieme. Dove propongono una delle migliori interpretazioni avanguardiste, di inedita evoluzione della classica cucina di terra e di mare di tradizione ligure. Una cucina audace, creativa e mai scontata che rispetta la stagionalità, attenta alle materie prime e alla freschezza giornaliera dei prodotti. Tutte le paste fresche, il pane, le focacce e i grissini sono fatti in casa, tutte le sere prima di iniziare il servizio. Cinque motivati giovani collaboratori, suddivisi fra sala e cucina, completano lo staff del ristorante.
Sommelier Chiara, non solo gestisce la cantina, ricca di circa 180 etichette tra Champagne, vini italiani e francesi, ma si occupa anche della Sala. Con pacato garbo, descrive ai clienti, i piatti di una cucina non facile interpretazione, con passione, fantasia e tantissimo impegno.
Insieme, tutti i giorni, portano avanti il loro progetto con entusiasmo e passione.
Da u Titti, il menu cambia ogni 60 giorni, sempre tenendo conto della disponibilità e la stagionalità dei prodotti che il mare e le colline liguri propongono.
Recentemente, poco prima che divampasse la pandemia Covid19, ebbi il piacere di cenare da u Titti, grazie a un invito “secretato” di Roberto Mostini, che fino al momento dell’arrivo al ristorante, certo di sorprendermi, non fece alcun cenno riguardo a Chef Riccardo e alla destinazione finale:
“E sorpresa fu!
Dopo la finezza di esecuzione dei bon-bon di gamberi rosa, della terrina di gallina e fegato grasso, seguito del cannolo di finanziera di coniglio, castagne e nocciole e della sardenaira 2.O, già intuii l’intento di segretezza del noto gastronomo Mr Roberto Mostini.
La sorpresa, fu il presente di qualcosa di inedito, di abbinamenti non immaginati e fuori dai canoni.
Come l’animella, liquirizia e nocciole.
Un ossobuco freddo? Sì, una battuta al coltello di filetto di Fassona, con la sapidità regalata dalla spuma del midollo, reinserita nel cavo del suo osso con senape, zucca grigliata e cipolla fritta.
Una lepre in salmì che saltò prepotentemente nel piatto dei fusilli, mitigata dai mirtilli rossi e dalla dolcezza della cipolla brasata.
Meno sorprendenti sarebbero stati i pansotti di prescinseua, finferli e vongole, se non fossero stati tirarti con un fondo di pollo arrosto!
Il maiale proposto in tre differenti preparazioni; la testina fritta con la maionese affumicata sorpresa dal dolce – piccante della mostarda di chinotti di Savona. La costina “reverse” al BBQ, con la parte croccante sotto per non compromettere la croccantezza dalle salse chili e mais irrorate sopra.
La guancia alla birra, patata americana e il croccante alle arachidi.
Sorpresa fu anche lo Champagne, “L’Âme De La Terre” 2006, Millésimé, Françoise Bedel, mai testato prima”
Lingueglietta, fu per scelta o per caso?
In quel momento storico, 4 anni fa, si presentò la scelta di tre possibili location; Alassio, Seborga e Lingueglietta. Appena arrivati, immediatamente ci innamorammo della terrazza.
Ragioniamo molto con il cuore e con la pancia, quel posto sarebbe stato nostro!
I tuoi stage e tue esperienze formative, iniziano con la cucina di terra, passano per la carne, fino all’immersione totale in quella di pesce, sembra siano state programmate per cucinare tra la collina e il mare, esattamente dove avete deciso di aprire il vostro ristorante. Coincidenze?
Assolutamente sì, pura coincidenza. Mi è sempre piaciuto sia il mare che la montagna.
Cerchiamo di fondere i due elementi che si ritrovano nei nostri piatti.
Aprire un locale e lavorare “in coppia”, anche se affiatati, non è cosa facile da gestire. Pro e contro?
Mia moglie Chiara è il prolungamento delle mie braccia e della mia testa. Senza di lei, la nostra attività, non avrebbe continuità. È parte fondamentale del nostro ristorante. Ovviamente, qualche screzio ogni tanto può capitare…siamo umani!
Cambiare il menu ogni 60 giorni, al posto delle convenzionali stagioni, è stata una scelta dettata dalla particolare disponibilità dei prodotti liguri?
Più che in base alla disponibilità, è perché mi piace cambiare spesso i piatti. Ho costantemente bisogno di stimoli nuovi.
Esentato dalle incombenze di curare sala e cantina, egregiamente assolte da tua moglie Chiara, come investi il maggior tempo a disposizione, più alla sperimentazione in cucina o alla ricerca dei prodotti?
In primis, fu alla ricerca dei prodotti, non siamo liguri, siamo foresti!
Conseguentemente abbiamo cercato prima di conoscere produttori e prodotti della zona, poi, con il tempo e l’esperienza, mi sono dedicato alla sperimentazione e agli abbinamenti in cucina.
Progetti futuri?
Continuare a dare il massimo e andare sempre avanti, amiamo questo lavoro! E tutto quello che verrà lo affronteremo con il sorriso e con la nostra immancabile voglia di fare ristorazione.
di Maurizio Pelli editore
fotografia – Ristorante Da u Titti