Autore e Fotografo: Vittorio Sciosia.
Il sole scende pigro sull’orizzonte per lasciare il posto al crepuscolo sulla kasbah des Oudaias e sulla foce del Bou Regreg, il fiume che scorre poco più in basso e che dopo qualche metro si getta nell’Oceano Atlantico. Seduto al Cafè Maure, guardo i gatti che cercano una carezza o si riposano sui cuscini. Questa è casa loro, del resto, come anche dei gabbiani che, appollaiati sul tetto, osservano con attenzione in attesa che cada qualche pezzo di cibo o che qualche avventore distratto lo lasci sul tavolo, incustodito, mentre fa foto al paesaggio. Arrivano coppie e famiglie a godere della vista sulla vicina città gemella, Salè mentre sorseggiano un tè alla menta accompagnato dai classici dolcetti alle mandorle e miele. Un luogo magico, il Cafe Maure, posizionato lungo i bastioni della fortezza. Ci sono arrivato entrando dal varco laterale alla grande porta Bāb al-Wudāyya, quasi sempre chiusa, che è la porta d’accesso monumentale a questa piccola cittadella fortificata. Dalla grande porta in legno parte la centrale via Jamaâ, una dritta stradina pedonale costeggiata da negozietti turistici e belle abitazioni bianche che finisce in una terrazza panoramica affacciata sull’Oceano Atlantico, luogo classico per foto ricordo con la vista del mare alle spalle. Sono in Marocco, a Rabat, la capitale amministrativa del Paese nordafricano, anche se la capitale economica, nonché città più popolosa, è Casablanca. Ma il potere politico è qui a Rabat, sede del Palazzo Reale come degli altri Ministeri e banche centrali. Rabat sembra piccola ma è la seconda città del Paese per popolazione superata solo dalla già citata Casablanca, famosa nel mondo per l’omonimo film con Humphrey Bogart e Ingrid Bergman.
Rabat, insieme a Marrakech, Fes e Meknes sono le quattro città imperiali del Marocco. Seppur siano conosciute come “imperiali”, in Marocco storicamente non ci sono mai stati “imperatori” ma solo sultani e re. Vengono definite “imperiali” perché scelte in tempi diversi come località di residenza dei sovrani.
Partendo da Rabat, oltre la kasbah des Oudaias, da vedere assolutamente anche di sera quando è illuminata da giochi di luce suggestivi, c’è la medina, abbastanza piccola e tranquilla rispetto a quelle ben più famose ed estese di Marrakech e soprattutto Fès. Altra zona da esplorare, la “città nuova” costruita tra il 1912 e gli anni Trenta sotto il Protettorato francese, e che rimane uno dei più ambiziosi progetti urbani del Ventesimo secolo in Africa con grandi viali alberati. In ultimo, da non mancare, la famosa Torre Hassan. Si tratta di un minareto incompiuto, divenuto simbolo della città e posizionato in cima a una collina con vista su Rabat e Salé. Faceva parte della Moschea Hassan fatta costruire da Yacoub el Mansour durante l’ultimo periodo del suo regno che ne cominciò la costruzione per festeggiare la vittoria su Castiglia e Leon ad Alarcos. Ma i lavori si interruppero nel 1199, con la sua morte. Da Rabat poco meno di due ore di bus sono sufficienti per arrivare a Meknes che, delle quattro città imperiali è la più “giovane”. La medina, ossia il quartiere antico e storico della città, nel 1996 è stata inserita nella lista dei patrimoni dell’umanità dell’UNESCO. Il suo cuore pulsante è senza dubbio Place el-Hedim, ampia piazza centrale della città in cui, dal pomeriggio, si esibiscono tutti i tipi di saltimbanchi, incantatori di serpenti, fotografi di strada e tanta umanità. E’ la versione locale della famosa Place Jamaa el Fna di Marrakech. A due passi dalla piazza, guardando verso est, non possiamo non notare la Bab el-Mansour, la più maestosa delle porte imperiali del Marocco, oltre a essere senza dubbio quella meglio conservata, oltre la quale troviamo l’imponente Mausoleo di Moulay Ismail, il “Re Sole magrebino”. Un rifugio dal caos e dal caldo cittadino tra ricamati cortili maiolicati.
In questo itinerario di riscoperta delle città imperiali, finalmente torno a Fès. Fès è stata talmente importante in passato che tra il 1200 e il 1300 è diventata capitale del Regno ed è qui che c’è quella che è considerata la più antica Università del mondo, la al-Qarawiyyin, fondata nell’859. Di Fès si potrebbe e dovrebbe parlare per ore essendo ancora oggi il cuore culturale e spirituale del Marocco. Basti dire che la sua medina, un intrico di oltre 9.000 stradine fiancheggiate da negozi e bancarelle disseminate di fontane, è la più grande area pedonale del mondo dove non circolano automezzi. Fondata nel IX secolo, la Medina di Fes è composta da due città distinte, Fes el Bali e Fes el Djedid ed è tra le fortificazioni medievali più estese e meglio conservate al mondo, tanto da essere stata dichiarata dall’Unesco Patrimonio dell’Umanità. Obbligatoria una visita al quartiere delle concerie medievali, un luogo da non perdere. Qui sono utilizzati, ancora oggi, i processi in uso nel XVI secolo, quando Fes si impose come leader nella produzione e trattamento delle
pelli animali. La più famosa tra le concerie di Fes, è la Chouara, inconfondibile perché ritratta in mille immagini, con le sue decine di vasche di pietra colme di pigmenti e l’odore pungente degli acidi. Tutt’intorno, a mo’ di quinte, le pelli stese ad asciugare. Ma anche il souk dei tintori, poco lontano, è da non perdere. L’unico consiglio da poter regalare per chi arriva in città, è proprio quello di perdersi nei suoi vicoli e nelle stradine per poter scoprire, anche per caso, i gioielli che la medina nasconde. Non c’è alcun pericolo a girare in questo labirinto, al massimo qualche giovanotto che, forse in maniera a volte insistente, si proporrà come guida. Ma non serve una guida, quando siete stanchi di girare e volete uscire, basta andare sempre dritti per arrivare ad una delle tante porte di accesso alla città vecchia. Qui, all’uscita, ci sono sempre stazionamenti di taxi rossi che per pochi dirham, vi porteranno dappertutto. E infine Marrakech, la città simbolo del Marocco, da cui deriva il nome stesso del Marocco secondo alcune interpretazioni. Rispetto alle altre città imperiali, Marrakech la rossa, si trova molto più a Sud, quasi 600 km da Fès. Il cuore della città è senza dubbio la Place Jamaa el Fna, “l’Assemblea dei morti” che in realtà più viva di così non potrebbe essere. Ogni giorno, in particolare al pomeriggio, è un crocevia dei personaggi più improbabili che si possano incontrare, dai venditori d’acqua in costume tradizionale agli incantatori di serpenti c’è solo l’imbarazzo della scelta. Naturalmente bisogna capire che sono qui per racimolare un po’ di soldi, soprattutto dai turisti ai quali “spillano” ogni tipo di valuta, a volte con modi anche aggressivi, appena si prova a fotografarli. Del resto sono lì per questo. La Jamaa el Fna è anche uno degli ingressi alla bellissima medina di Marrakech che vale la pena di visitare con calma anche se, come a Fès, anche qui ci sarà sempre qualcuno che si offrirà di fare da guida. All’interno della Medina, invece, il segreto è perdersi e dimenticare l’orologio. Marrakech è un concentrato di cose da vedere, dai Jardin Majorelle, residenza di Yves Saint-Laurent alla Medersa Ben Youssef, ex scuola coranica più grande e più bella di tutto il Marocco. All’interno dei dedali della medina, le diverse merci sono divise nei Souk. Per chi cerca frutta secca, mandorle e noci, il Souk Kchacha è il mercato in cui andare. Nel Souk Haddadine, invece, si può scegliere tra migliaia di lanterne in diverse forme, colori e design mentre è famoso, per la sua straordinaria gamma di gioielli, in particolare i disegni berberi tradizionali e replica, il Souk Siyyaghin. Marrakech non finisce solo nella sua medina. Il minareto della Koutoubia è il punto di riferimento della città ed è visibile da qualunque zona della città. A sera vale la pena di tornare alla Jamaa el Fna che nel frattempo è diventata un mercato di cibo all’aperto. Tantissimi bancarelle di cibo che preparano spiedini di carne, verdure, pane e tutto buonissimo. Tutt’intorno alla piazza si aprono molti cafè e ristoranti dai quali, salendo al piano alto, si ha una vista spettacolare sulla piazza di sera con tutto il fumo che sale al cielo. La più classica delle prospettive è dal Café Glacier, dalla cui terrazza al secondo piano la vista è davvero unica. Trovare un tavolo in prima fila per sorseggiare un tè alla menta e godersi lo spettacolo è una impresa quasi impossibile a tutte le ore a meno che non si conosca qualcuno nel locale. Oppure il solito “bakshish”, un po’ di soldi sottobanco ad uno dei camerieri. E allora il posto in prima fila è assicurato.