Scritto da Filippo Freda
Foto di Filippo Freda
Degustare un calice di aglianico, oltre ad essere incredibilmente appagante a livello sensoriale, rappresenta per me un vero e proprio viaggio nel tempo. Reminiscenze di un antico passato mi trascinano agli albori della nostra civiltà, quando un gruppo di coloni greci portarono fra mille peripezie tralci di Vitis Hellenica, ponendoli a dimora sulle verdi colline irpine. Nel corso dei secoli molti illustri ammiratori cantarono le lodi di questo vitigno: mi piace ricordare Orazio, Annibale, Papa Paolo III e Carlo D’Angiò Re di Napoli.
Oggi ho l’onore di aprire una bottiglia di Taurasi Terre di Petrara 2012. Questo vino nasce dalla passione vitivinicola della famiglia Simonelli, che sin dal 1816 si è prodigata nella produzione di vino, per lunghi anni a beneficio unicamente della famiglia stessa e di pochi intimi amici. Nel 2009, grazie all’intuizione di Giuseppe Simonelli si è deciso di commercializzare questo prezioso nettare. Oggi la cantina è gestita dalle nuove generazioni, che con entusiasmo e competenza assicurano grande crescita ai vini di Terre Di Petrara.
Verso il Taurasi nel calice e l’impatto visivo è forte, quasi disarmante. Un rosso rubino concentrato si unisce a splendidi riflessi granati.
Archi e lacrime rispettivamente stretti e lente, annunciano una presenza alcolica che in bocca risulterà sapientemente celata.
Il naso è emozionante: profumi intensi e variegati si fanno largo senza troppi complimenti. Ho apprezzato in principio le note fruttate di mora e prugna, per poi godere delle spezie dolci, della liquirizia e di ricordi di tabacco e caffè.
In bocca è totalizzante: entra e si prende lingua, palato e gola come un fiume in piena, mantenendo però il garbo di un gentleman dal tannino vellutato, elegante. Non mancano di certo le giuste componenti acide e sapide che rendono la bevuta un Bolero di Ravel dal crescendo trionfale. Vino equilibrato, armonico ed estremamente persistente.
Degustando questo splendido aglianico in purezza mi convinco sempre più che il vino non è altro che un tuffo nella reminiscenza; suoni, profumi ed immagini di un passato vissuto o tramandato ripiombano nella nostra mente, con la forza di un’onda sulla scogliera.